19 Marzo 2016

19 Marzo 2016

Tum tum tum tum tum tum tum tum tum tum…

Fisso incredulo il monitor, come attraverso un vetro appannato, vinto da tanta impetuosa potenza. Un vetro in cui batte copiosa la pioggia: questo è il mio viso, ora. Ti guardo, ed è come se mi vedessi allo specchio. Anche tu non riesci a trattenerti, è una cosa troppo grande perfino da immaginare. Il monitor ci rimanda l’immagine di un circoletto grigio e di un altro un po’ più piccolo, quasi bianco. È un piccolo fagiolino di 1,17 centimetri, ci dicono, ma è incredibile come emani già la forza di un gigante. È impossibile vederti, immaginarti, piccolo mio, ma già ti fai sentire alla grande; il tuo battito a 180 al minuto, è un rumore forte, intenso, il tuo modo di dirci che ora ci sei anche tu, con noi e parte di noi. È un rumore che ci rimbomba nelle orecchie, un meraviglioso inno alla vita che non potremo mai dimenticare.

Le nostre paure se ne sono andate in un battito, è proprio il caso di dirlo. Si sa che i primi tempi sono i più difficili, eppure sembra già così forte! Il suo cuore che batte è il reclamo per un posto nel mondo. Le ultime due settimane sono state strane, abbiamo vissuto come in una sorta di limbo, tra la novità del test e la conferma della prima visita. Ricordo l’attesa del test, le due linee comparire, il sorriso nei tuoi occhi, io che guardò prima il test e poi te, tu che mi confermi, raggiante, “sì, sono incinta!”. E i giorni successivi, la mia trasferta per una settimana intera e le tue nausee, accompagnate dai primi sbalzi d’umore. E le nostre paure, legittime, che tutto andasse per il verso giusto. È stato un caso, ma sono contento che la prima visita, a suggello della conferma che diventeremo genitori, sia stata proprio il 19 Marzo, giorno della festa del papà. E da papà ho provato ad immaginarmi nelle ultime due settimane. Mi sono accorto di guardare i bambini in maniera diversa, con una tenerezza e un senso di protezione per me nuovo.

Ti guardo ancora, mia compagna di vita e, ora che sei distesa e guardi anche tu il monitor sopra di te, mi rendo conto che nulla sarà mai come prima. Nel percorso della vita si passa attraverso delle porte: noi abbiamo fatto un percorso insieme, e ora stiamo per varcarne, di nuovo insieme, una soglia da cui non si potrà tornare indietro. Un figlio è per sempre. Io e te potremo prendere strade diverse, un giorno, ma lui sarà per sempre. E sarà per sempre qualcosa che abbiamo fatto insieme.

Ora che ne sento il battito, sento salire la responsabilità per ciò che sarà, per ciò che diventerà. Responsabilità, non paura, perché un figlio è per un genitore anche una meravigliosa occasione per per essere una persona migliore. Volere il meglio per un figlio significa anche dare il meglio di sé, ogni giorno e ogni giorno di più.

Non posso, in questo momento dove per la prima volta stiamo guardando il nostro bambino, starti vicino e stringerti: lo studio è piccolo e c’è la ginecologa tra di noi. Aspetto che finisca di spiegarci che quel piccolo fagiolino di poco più di un centimetro è il nostro bambino, mentre il circoletto bianco accanto è il sacco vitellino, da cui per ora trae nutrimento. Siamo alla settima settimane, ne mancheranno altre trentatré prima di vederlo. Sarà un tempo che gli servirà per crescere sano, e a noi per prepararci a diventare i tuoi genitori. Non è un caso se la Natura ha previsto un periodo di gestazione così lungo, e noi aspetteremo con pazienza. Ora che la ginecologa ha finito, mi precipito da te, a baciarti la fronte e abbracciarti, e non mi preoccupo se ora sente i nostri singhiozzi, manifesto della nostra gioia.

Finita la visita, torniamo in macchina, e vuoi per la tensione accumulata negli ultimi giorni, vuoi per la gioia che tutto, finora, è andato bene, vuoi per il fatto che è il nostro primo momento di intimità, finiamo per lasciarci ancora andare all’emozione. Saremo genitori: una parola che riempie la bocca, dalla portata del significato che si porta addosso. Decidiamo di tenere la cosa per noi, ancora per un po’. Decidiamo che lo diremo ai nostri genitori il giorno di Pasqua, nascondendo un paio di scarpine dentro l’uovo. Sarà una bella sorpresa e un modo carico per comunicarlo.

Avvio la macchina e ci dirigiamo verso casa, nella nostra nuova dimensione. Guido piano, con una prudenza forse eccessiva, perché ora sento che devo proteggere te e la creatura che porti. Ogni tanto, quando ci fermiamo a un semaforo, mi giro a guardarti. Vado a oltre dieci anni fa, quando abbiamo cominciato a frequentarci e vedo tutto il nostro percorso, e penso al salto di qualità che stiamo per fare. Mi sento fiero e orgoglioso che tu abbia scelto me come compagno e padre.

Ma d’un tratto sento salire l’ansia: sarò mai all’altezza di un compito così grande? Sarò pronto a passare da essere figlio a genitore?

Cerco di guardarti con la coda dell’occhio e intravedo le mie stesse paure. Sposto lo sguardo verso la tua pancia, cercando di scorgere una protuberanza ancora impercettibile, e finalmente capisco. Capisco da dove trarre forza e coraggio: proprio da te, piccolo mio che verrai, dalla forza con cui ti stai affacciando alla di vita. Quando sarò assalito dai dubbi ripenserò alla forza dirompente del battito del tuo cuore.

Tum tum tum tum tum tum tum tum tum tum…

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