Presentazione de La gabbia invisibile al Centro Commerciale Auchan di Mestre, Sabato 22 Luglio 2017

Dopo un bel po’ di tempo, lo scorso Sabato 22 Luglio, presso il Centro Commerciale Auchan di Mestre, si è tenuta un’altra presentazione de La gabbia invisibile.

Un grazie particolare a Gloria Gallo, che mi ha offerto questa opportunità e che mi ha presentato; a MeMagazine, che è intervenuta e ha fatto un gran bell’articolo, e a tutti quelli che sono intervenuti.

Riporto un’estratto dell’articolo:

…Il nostro Stefano non si è risparmiato nel dettagliare le scelte e le modalità adottate nello sviluppare la trama, affermando – quasi a voler confermare la dedizione che mette nella scrittura: come hobby e passione – che:  “anche se la storia che lega i suoi personaggi è fantastica a tratti surreale, come i protagonisti stessi… quando scrivi non è pensabile sentirsi totalmente estranei alla propria natura, restando schivi e distaccati alle esperienze che si vogliono far vivere dei personaggi scelti. Sicuramente in ognuno di loro, fosse anche solo una minima parte trascurabile ai più… c’è qualcosa di mio, che mi appartiene, che ha fatto  parte/fa parte della persona che sono…”  Sincero e consapevole ammette quindi che piccole sfaccettature della sua persona fioccano all’ interno delle sue righe.

Di lì si svela – ma forse i nostri cari lettori di Me Magazine lo sanno – la passione di Stefano per il vino… nata quasi per caso frequentando un corso di sommelliers, come lo stesso ha dichiarato…  che sia un caso anche che tiene nella nostra rivista una rubrica dedicata alla bevanda di Bacco!?!? Anche in questo caso, ascoltando un passo letto da Gloria, riscopriamo in Stefano le doti  di un autore attento e capace: certosini dettagli nel descrittivo che lasciano libera l’immaginazione di visualizzare la scena descritta di una pregiata bottiglia d’annata da gustare… se avrete modo di leggere il romanzo apprezzerete sicuramente le qualità dello scrittore.

Storie di… vino! – Le Eccellenze del Veneto – Parte 4

Per questa puntata del nostro tour delle eccellenze del Veneto, abbandoneremo la provincia di Treviso e ci addentreremo nelle provincie di Vicenza e Verona, zone di ricchissima produzione vinicola. Famosi e decantati sono sicuramente i rossi secchi come l’Amarone della Valpolicella e il Bardolino Superiore, ma non solo: avete mai gustato i famosi recioti? Bene: ve ne sono ben tre che si forgiano della denominazione D.O.C.G., uno in provincia di Vicenza, il Recioto di Gambellara, e due in provincia di Verona, il Recioto della Valpolicella e il Recioto di Soave.

Consentiteci prima la nostra consueta digressione storica: anche nell’antica Roma esistevano l’equivalente delle nostre enoteche. Erano dei locali molto grandi, fumosi e spesso sudici e si chiamavano taverne o popine. L’ambiente non era certo adatto ai palati più fini: oltre che sporco, era frequentato da giocatori d’azzardo, ubriaconi, delinquenti e attaccabrighe. Durante i banchetti (che spesso degeneravano in baccanali) era necessaria la presenza di un esperto, l’haustores (antenato del contemporaneo sommellier), che decideva, in base al menù, con quanta acqua allungare il vino, che non era mai di qualità sopraffina (uno dei vini più pregiati dell’epoca, il Falernum, l’attuale Falerno, era a unico appannaggio dei nobili Patrizi).

Torniamo ora ai giorni nostri e al Recioto: da dove arriva questo nome così curioso?

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Storie di… vino! Le eccellenze del Veneto – Parte 3

Il mese scorso avevamo interrotto il nostro tour delle eccellenze vinicole nella zona D.O.C. Lison. In questa nuova puntata ripartiremo da dove ci eravamo fermati, percorrendo la provincia di Treviso verso Nord-Ovest, per arrivare forse nella più famosa zona del Veneto nel mondo per quanto riguarda la produzione vinicola: quella del Prosecco.

Una prima precisazione, doverosa: il Prosecco è, prima ancora di essere un vino, un vitigno, conosciuto anche con il nome Glera, presente in diverse varietà. Dalle sue bacche bianche si ottiene il vino omonimo, prodotto ormai nella maggioranza dei comuni del Veneto (e non solo) e apprezzato in tutto il mondo per la sua poliedricità in fatto di accostamenti a tavola. Quindi non solo per l’aperitivo e per lo spritz, ma a tutto pasto e per tutti i gusti.

Prima però, il consueto salto indietro nel tempo: lo sapevate che nell’antica Roma non era consentito bere alle donne? Il frutto di Bacco era solo per gli uomini sopra i trent’anni. Pensando alla sua funzione sociale ai giorni nostri sarebbe una tragedia, considerato che il vino, e gli alcolici in generale, sono tra gli strumenti di seduzione preferiti dei poco audaci che cercano nel Dio Bacco un modo per vincere la timidezza. Un’apposita legge, denominata Mos Maiorum, stabiliva che tra i reati punibili con la pena capitale vi fosse appunto l’aver bevuto del vino, reato considerato per gravità alla pari all’adulterio. E dulcis in fundo l’esecuzione della condanna era consentita ai parenti più stretti o al marito che, tornato a casa, poteva esercitare lo ius osculi, il diritto di bacio, sgamando così l’alito della consorte. E oggi ci lamentiamo della prova del palloncino…  La pena più frequente era la morte per inedia, considerata ai tempi tra le meno crudeli(!), ma le cronache dell’epoca riportano anche di morte in seguito a bastonate(!!). Ma perché i Romani consideravano il bere una cosa così deprecabile per le donne? Gli storici si sono sbizzarriti: secondo alcune credenze popolari, il vino poteva provocare l’aborto; secondo altre era portatore di vita come il seme maschile e quindi le donne, bevendolo, potevano mettere in pericolo la purezza della discendenza, come con il tradimento.

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Senza olio di palma – Anglofonie e cacofonie

A: Ma sei sicuro che sia il caso di procedere in questo modo? Qui ci giochiamo la reputation dell’azienda.

B: Più che sicuro. Basterà fare un bel business plan e il gioco è fatto.

A: Mmhh… Sono scettico. Non credo che l’effort sia stato valutato in maniera adeguata.

B: Convengo con te che ci sono dei rischi. Ma hai visto la swot analysis, i punti di forza sono di gran lunga superiori alle weaknesses, e i threats sono limitati a poche aree geografiche.

A: Sì, però io vedo problemi di implementation della strategia. Sai come me che non è facile trovare il giusto deployment nelle realtà locali. Non vorrei che le nostre filiali perdessero il focus e il commitment.

B: Beh, se è per questo ci sono i piani di rebate, il miglior modo per tenere in tiro la rete vendita. Ovviamente i rewards devono essere challenging.

A: Sì, ma non ne faccio una pura questione di incentives. Il problema è legato ai delivery di training da HQ verso le filiali per garantire gli skills necessari alla realizzazione del progetto.

B: Ok, vorrà dire che ci terremo tre mesi di contingency.

A: Mmhh… Non mi hai convinto del tutto, ma procediamo. Se andrà bene, avremo una best practice to copy-and-past per gli altri market segment.

Questo dialogo, surreale fino a un certo punto, potrebbe essere ascoltato in qualsiasi sala riunioni di una qualsiasi azienda del Nord-Est che abbia un minimo di affari e/o struttura commerciale all’estero. Notate niente di strano? Io l’italiano me lo ricordavo diverso… Che fine sta facendo quindi la lingua di Dante? Che stia forse segnando il passo a una nuova neolingua, come aveva profetizzato Giorge Orwell nel suo 1984?

In questa puntata di Senza olio di palma parleremo di Anglofonie e cacofonie.

Il dialogo di cui sopra, che fa certo ridere è, vi assicuro, diventato uno standard per dipendenti di aziende che lavorano con l’estero. Ma come siamo arrivati a tanto? Certo, centinaia di mail e decine di telefonate al giorno in Inglese non aiutano, ma dietro c’è molto altro.

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Pollice opponibile – Allattamento in pubblico

Si sentiva proprio la mancanza dell’ennesima polemica inutile. Come se non ci fossero questioni più importanti con cui impegnare le nostre cellule grigie. Sarà perché sono diventato padre da poco e sono più sensibile, ma ho la netta sensazione che ultimamente sia stato preso di mira il seno delle neo mamme. Per questa puntata di pollice opponibile ci occuperemo dell’allattamento in pubblico.

Sembra che la polemica si sia inserita in un “buco” legislativo: manca infatti in Italia una legge che regolamenti l’allattamento nei luoghi pubblici. Ma la vera domanda è: serve davvero una legge che certifichi quanto la Natura ha già stabilito? Sembrerebbe, data l’atavica capacità dell’essere umano di complicarsi la vita, proprio di sì: altri paesi, manco a dirlo, hanno già regolamentato in merito. In USA l’allattamento in pubblico è consentito già da tempo quasi ovunque, mentre in UK lo è grazie al Equality Act dal 2010. Altri paesi, come le Filippine, hanno preso la direzione opposta: allattare è consentito praticamente solo tra le mura domestiche; il che ha scatenato roventi polemiche e manifestazioni di piazza.

Tornando in Italia, non essendoci una regola, è tutto lasciato al buon senso di ciascuno. Quindi la cosa è, per ora, una pura questione etica e/o morale. Sono stati recentemente riportati casi di intolleranza da allattamento in bar e luoghi pubblici, chiamando in causa a giustificazione una fantomatica politica del locale. L’Unicef e l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandano di creare ambienti accoglienti per favorire l’allattamento in strutture pubbliche. Alcune amministrazioni locali hanno fatto partire il progetto Baby Pit Stop, che prevede uno spazio dedicato all’allattamento e alla cura del bambino all’interno di luoghi pubblici come negozi, ristoranti, università e supermercati. Nell’attesa di capire chi pagherà e che reale diffusione avrà il progetto, ritorniamo all’aspetto etico/morale.

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Storie di… vino! Le eccellenze del Veneto – Parte 2

Riprendiamo la nostra panoramica sulle zone di eccellenza vinicola del Veneto. La scorsa volta abbiamo descritto, tanto per rimanere nelle vicinanze di casa nostra, la D.O.C. Riviera del Brenta. In questa puntata esploreremo le aree nel Nord-Est, che interessano principalmente le province di Treviso e Venezia.

Prima però, un breve salto indietro nel tempo: siamo nell’antica Roma, ospiti nella dimora di un ricco patrizio, distesi su un triclinio. Le pietanze, come le coppe, si susseguono incessanti, perché il vino è prima di tutto convivio. Il galateo dell’epoca però impone al padrone di casa di non far ubriacare i commensali. Ma come evitarlo, se ogni scusa è buona per un brindisi, alla salute di un amico o dell’amata, svuotando tante coppe quante erano le lettere del nome dell’interessato/a? Allungare il vino con acqua era una pratica quindi necessaria, ma il più delle volte insufficiente: al fine di “liberare” l’ospite dagli eccessi, i servi a fine pasto servivano un disgustoso miscuglio di mandorle amare tritate, cavolo crudo e polmone di capra. Il vomito, e quindi la “liberazione”, erano assicurati. Come diceva il grande Totò, “alla faccia del bicarbonato di sodio!”

 

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Pollice opponibile – Ludopatia

Quante volte abbiamo messo in dubbio l’intelligenza del genere umano? Quante volte abbiamo giudicato l’agire dei nostri governi dissennato, oppure il comportamento di qualche conoscente quantomeno stupido? Se dobbiamo credere alla teoria evolutiva, cioè che l’uomo deriva dalla scimmia, c’è da dubitare che il processo sia veramente giunto a conclusione. Anzi, se studiassimo a fondo i comportamenti sociali dei nostri amici primati capiremmo che, spesso, avremmo solo da imparare. Analizzando le regole tribali che governano la nostra società sembrerebbe che, sempre più spesso, la nostra indole ancestrale prenda il sopravvento e finiamo per comportarci, per l’appunto, da scimmie.

Solo i primati e l’uomo, salvo alcune eccezioni, hanno il pollice opponibile, sono cioè in grado di sovrapporre il pollice alle altre dita della mano. Questa è, ad esclusione del sopracitato intelletto, ciò che ci accomuna maggiormente ai nostri cugini. Vedendo ciò che ci accade intorno però, non sono così sicuro che alle scimmie faccia poi tanto piacere essere accostate all’uomo. Io, al posto loro, prenderei le distanze…

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Senza olio di palma – Il risvolto del risvoltino

Avete mai pensato quali dei nostri comportamenti, scelte e atteggiamenti sono realmente dettati da libero arbitrio e quanti sono invece influenzati dalle mode del momento? Considerando l’enorme quantità di stimoli che riceviamo quotidianamente da televisione e social media, dare una risposta certa potrebbe essere più complicato del previsto. Certo, la domanda è provocatoria: chi sarebbe disposto ad ammettere di essere così pesantemente influenzato da scelte di altri? Può valere per il vestire, per la pettinatura (chi scrive, almeno in questo, può dire di esserne immune…), per le abitudini culinarie.

Ecco, prendiamo il cibo: negli ultimi tempi il Grande Satana in ambito alimentare è senz’altro l’olio di palma: sembra sia stato recentemente aggiunto nella lista delle armi di distruzione di massa. Già vedo nel prossimo conflitto globale frotte di aerei volare a bassa quota per spargerlo su ignari e inermi cittadini. Risultato: tra un po’ troveremo la dicitura “senza olio di palma” in oggetti insospettabili, come vestiti, giocattoli e creme corpo.

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Storie di… vino! Le eccellenze del Veneto – Parte 1

Storie di…vino!

Le eccellenze del Veneto – Parte 1

Articolo apparso su Me Magazine del mese di Novembre 2016

La produzione vinicola è certamente uno dei fiori all’occhiello della nostra bella Riviera del Brenta. La tradizione vuole farla risalire all’epoca etrusca, anche se per avere produzioni di un certo rilievo si son dovuti attendere i Romani. I nostri antenati capitolini erano, però, alquanto bizzarri: potevano bere solo gli uomini adulti oltre i trent’anni e usavano allungare il vino, sperando di prolungarne così la conservazione, con “ingredienti” particolari, quali profumi, resine, acqua di mare, cenere e miele, ben più invasivi del nostro innocuo acqua e vin!
La diffusione del vino nel territorio nazionale è merito quindi dei Romani, ma è grazie ai floridi commerci della Repubblica di Venezia che i vini della Riviera del Brenta hanno varcato i confini nazionali: il vino divenne infatti uno dei principali prodotti di scambio con le città di Padova e di Venezia, che lo commercializzavano in tutti i porti del Mediterraneo.
La produzione vinicola nelle terre della Riviera del Brenta è indissolubilmente legata alle potenti famiglie patrizie veneziane del XVI e XVII secolo, di cui le numerose ville lungo il fiume e i possedimenti nelle campagne circostanti ne sono testimoni e icone incontrastate.
La zona D.O.C. (Denominazione di Origine Controllata) Riviera del Brenta si divide tra le province di Venezia e Padova, delimitata a Nord dai comuni di Loreggia, Trebaseleghe e Scorzé, a Levante dai comuni di Martellago, Spinea e Mira, a Sud dai comuni di Campagna Lupia e Piove di Sacco, e a Ponente dai comuni di Limena, San Giorgio delle Pertiche, Campo San Martino e San Giorgio in Bosco.

Particolarità: nessuno dei vitigni coltivabile nella zona D.O.C. Riviera del Brenta previsto dal Disciplinare è autoctono (si tratta, cioè, di vitigni non originari delle terre in cui sono coltivati). Dalla Francia abbiamo importato Pinot Bianco, Pinot Grigio, Chardonnay, Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Carmenère; dal Friuli Tocai e Refosco dal peduncolo rosso; Raboso dalle zone del Piave e dalla provincia di Verona.

Grappolo di uva Raboso del Piave

Il 92% circa della produzione vinicola della D.O.C. Riviera del Brenta è controllato dalle Cantine disseminate nel territorio (pensiamo alle Cantine Sociali dei nostri comuni). Dall’unione delle stesse è nato il “Consorzio Tutela Vini D.O.C. Riviera Del Brenta” con lo scopo di valorizzare i vini della zona e, attraverso di essi, promuovere il turismo enogastronomico nelle nostre terre.
Altre zone interessanti nella provincia sono la D.O.C. Venezia (sì, proprio come la città) che tocca in parte la provincia di Treviso fino ai colli di Conegliano e che prevede la coltivazione degli stessi vitigni della D.O.C. Riviera del Brenta più il Verduzzo; la D.O.C. Piave che interessa, oltre le provincie di Venezia e Treviso, anche la provincia di Pordenone e che prevede la coltivazione, tra gli altri, di un vino particolare: l’Incrocio Manzoni. Quest’ottimo vino nasce da una felice intuizione del Prof. Luigi Manzoni, Preside della Scuola Enologica di Conegliano, che negli anni ’30 piantò il clone nato dall’incrocio tra  Riesling Renano e Pinot Bianco nelle colline trevigiane e ottenne un vino armonico e di interessante struttura, ora coltivato in molte altre regioni d’Italia.
Come non citare poi la D.O.C. Lison-Pramaggiore e le relativamente nuove (dal 2011) D.O.C.G. (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) Lison e Malanotte del Piave? Ci sarebbe molto altro da dire, ma dovremo aspettare la prossima puntata.
Intanto… alla salute!